Edvard Munch,
L’urlo, 1893, olio,
tempera e pastello
su cartone, 91 x 74 cm,
Oslo, Nasjonalgalleriet.
Qualche nozione sul pittore:
Edvard Munch, pittore
norvegese nacque nel 1863. Si formò a Oslo negli anni ottanta dell’Ottocento.
Per l’evoluzione della sua pittura, furono determinanti i due viaggi a Parigi
effettuati nel 1885 e nel 1889. Durante il primo viaggio, Munch si interessò
all’Impressionismo, mentre nel successivo arrivò al punto di svolta, grazie
alla lezione di Van Gogh e Gauguin, dai quali assimilò l’uso espressivo e
soggettivo del colore. Inclinando verso una pittura dalla forte componente
visionaria. Lui stesso anticipa l’espressionismo, soprattutto in ambito tedesco
e nord-europeo. Nelle sue opere sono
rintracciabili molti elementi della cultura nordica di quegli anni, soprattutto
letteraria e filosofica: dai drammi di Ibsen e Strindberg, alla filosofia
esistenzialista di Kierkegaard e alla psicanalisi di Sigmund Freud. Da tutto
ciò egli ricava una visione della vita permeata dall’attesa angosciosa della
morte. Nei suoi quadri vi è sempre un elemento di inquietudine che rimanda
all’incubo. Ma gli incubi di Munch sono di una persona comune, non di uno
spirito esaltato come quello di Van Gogh. E così, nei quadri di Munch il
tormento affonda le sue radici in una dimensione psichica molto più profonda e
per certi versi più angosciante. Muore nel 1944.
Storia del quadro:
L’urlo è stato dipinto nel
1893, ed è l’opera che meglio esemplifica la poetica di Munch. Questa poetica
tratta argomenti come il malessere esistenziale dell’uomo e la sua immensa
angoscia de fronte alla morte e all’impossibilità di opporre resistenza alle
incontrollabili forze della natura; Munch riesce a mettere a fuoco questi
argomenti con estrema espressività. Il dipinto nasce da una esperienza di
Munch, lui stesso ce lo racconta: «Camminavo lungo la strada con due amici
quando il sole è tramontato e improvvisamente il cielo si è fatto rosso sangue.
Ho sentito un soffio di malinconia. Mi fermai, esausto, e mi appoggiai alla
staccionata contemplando le nubi sospese come sangue e lingue di fuoco sul
fiordo di un blu quasi nero e sulla città. I miei compagni proseguirono il
cammino – io restai lì immobile tremando per l paura e per l’angoscia. E sentii
che un grido infinito pervadeva tutta la natura.»
L’esperienza di un momento
di panico e di smarrimento individuale, capace di trasformare un tramonto in un
incubo, diventa nel quadro il paradigma di una condizione di disagio
universale, espressa da Munch con un linguaggio fortemente stilizzato.
Caratteristiche del quadro:
La composizione è impostata
sulla diagonale del parapetto che corre lungo il cammino e stabilisce la
distanza tra i due uomini che nel margine sinistro si allontanano indifferenti
dando posto centrale alla figura drammatica. La prospettiva dall’alto e
l’inquadratura tagliata sulla strada danno l’impressione di trovarsi sull’orlo
di un abisso, dietro il quale si apre una veduta di Oslo descritta attraverso
linee fluide e ondeggianti. Ora entriamo nel vivo del quadro: il colore rosso,
non è dato soltanto da un tramonto estivo, ma esprime drammaticità e crea un
forte contrasto con i gorghi scuri dell’acqua. La creatura in primo piano è
terrorizzata e tiene premute le mani
sulle orecchie per non sentire nulla. Non si tratta né di un uomo né di una
donna: i suoi lineamenti, così deturpati, le danno una parvenza di una tragica
maschera di morte. Attorno al suo volto atterrito, si propagano, come onde
sonore prodotte dall’urlo, accese pennellate ritmicamente ripetute, a
simboleggiare la spaventosa tensione dell’individuo avverte e che, a sua volta,
lo costringe a urlare.
Conclusione ed altre notizie:
Di questo soggetto, Munch,
dipinse anche altre versioni. A quanto pare l’argomento trattato in questo
dipinto era per lui importante. Difatti sarà l’intensità emotiva e la
profondità psicologica delle opere di Munch ad attrarre gli artisti della
generazione successiva: i fauves e soprattutto gli espressionisti tedeschi.
La ragione per cui ho scelto
questo quadro è perché Munch riuscì a trasmettere la malinconia, la solitudine,
l’angoscia in modo semplice, senza troppi trucchi. E poi in alcune circostanze
può rappresentare la nostra vita quotidiana, quando non veniamo ascoltati da
chi ci sta vicino, o non capiti. Non per forza deve rappresentare la paura
della morte, ma anche piccole ferite della nostra vita, che sprigionano un
grido che viene dal profondo. E ci sembra di urlare di fronte a un rosso
tramonto, da soli.
Rafaela Silva.